Interrogazione parlamentare del 2 mag 2012

Legislatura 16º – Aula – Resoconto stenografico della seduta n. 717 del 02/05/2012

GIAMBRONECAFORIOCARLINODI NARDOLANNUTTIMASCITELLIPEDICA

Al Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca

Premesso che:

l’autonomia scolastica è stata una grande conquista di civiltà e di democrazia nel nostro Paese, allineandolo ai più avanzati Paesi europei. L’autonomia scolastica è stata una questione chiave nell’agenda politica dei maggiori Paesi europei ed è stata una priorità delle varie Presidenze del Consiglio dell’Unione europea che hanno voluto monitorare con analisi comparative e studi i processi di trasformazione e di modernizzazione degli istituti scolastici grazie all’autonomia scolastica. Anche i vari commissari europei dell’educazione e della formazione hanno ribadito, in ogni occasione, come l’autonomia scolastica diventi garanzia di “innovazione” e “mezzo di partecipazione democratica”. Nella maggior parte dei Paesi l’autonomia scolastica è uno strumento esclusivamente al servizio del miglioramento della qualità dell’istruzione ed anche l’evidenza empirica ha dimostrato che nei Paesi dove essa è più avanzata maggiori sono i processi di innovazione e il contenimento dei costi pubblici;

già la Costituzione italiana all’art. 33 stabilisce la libertà d’insegnamento e sancisce che la Repubblica, in materia scolastica, detta solo le “norme generali”;

la legge costituzionale n. 3 del 18 ottobre 2001, che ha riformato il Titolo V della Costituzione nella parte riguardante le autonomie locali e i rapporti con lo Stato, ha come principio ispiratore il decentramento di funzioni ai vari livelli, nell’ottica della piena autonomia e secondo il principio di sussidiarietà, e l’autonomia scolastica, sempre in ambito europeo, è andata di pari passo ai processi di partecipazione locale e di libertà di istruzione da parte degli attori locali (responsabili scolastici, studenti, genitori, eccetera);

nella scuola italiana già negli anni ’70, con i decreti delegati, si inserirono elementi di democrazia partecipativa e il decreto del Presidente della Repubblica n. 419 del 1974 poneva l’autonomia quale dimensione dell’istituzione scolastica. A fine degli anni ’80 vi fu nel Paese un forte ed autorevole dibattito teso ad accelerare interventi normativi miranti a realizzare ciò che il professor Sabino Cassese sintetizzò in tre linee di azione: a) riconoscere l’istruzione come servizio collettivo pubblico da erogare attraverso istituti autonomi; b) attribuire agli istituti scolastici autonomia, non solo didattica, organizzativa e amministrativa, ma anche contabile e di gestione del personale; c) spogliare l’apparato centrale di compiti gestionali attribuendogli funzioni di determinazione di standard e funzioni di valutazione;

la conferenza nazionale della scuola del 1988, organizzata di concerto tra la Camera dei deputati e il Ministro della pubblica istruzione Giovanni Galloni, sancì che bisognava passare dal “governo della scuola” all'”autogoverno degli Istituti” (documentazione dell’istituto regionale di studi “A.De Gasperi” – Emilia-Romagna). Gli atti di quel dibattito favorirono un’accelerazione nel processo normativo di autonomia degli istituti scolastici che fu portato avanti da tutti i Ministri della pubblica istruzione di quegli anni e che vide una prima bozza elaborata dal ministro Berlinguer e poi un’attuazione legislativa nella legge 15 marzo 1997, n. 59 (cosiddetta legge Bassanini), art. 21, con la quale l’autonomia venne sancita ed avviata come sperimentazione nelle scuole di ogni ordine e grado con l’espressione di “autonomia didattica, autonomia amministrativa, autonomia finanziaria”. Dopo due anni di sperimentazione, il decreto del Presidente della Repubblica 8 marzo 1999, n. 275, “Regolamento recante norme in materia di autonomia delle istituzioni scolastiche”, introdusse in maniera chiara ed inequivocabile l’autonomia delle scuole con la loro autonoma personalità giuridica attribuendo con l’art. 14, dal 1° settembre 2000, “le funzioni già di competenza dell’amministrazione centrale e periferica relative alla carriera scolastica e al rapporto con gli alunni, all’amministrazione e alla gestione del patrimonio e delle risorse e allo stato giuridico ed economico del personale “, riservando all’amministrazione centrale e periferiche le residuali funzioni definite all’art. 15. Funzioni prevalentemente inerenti al reclutamento del personale, la formazione delle graduatorie permanenti, mobilità, riconoscimento di titoli esteri, eccetera;

considerato che:

il Governo Monti, fautore nei programmi enunciati della libera concorrenza e del libero mercato, con il decreto-legge 9 febbraio 2012, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 aprile 2012, n. 35, cosiddetto “semplifica Italia”, recante “Disposizioni urgenti in materia di semplificazione e di sviluppo”, all’art. 50, ha voluto rimarcare lo “scopo di consolidare e sviluppare l’autonomia delle istituzioni scolastiche, potenziandone l’autonomia gestionale secondo criteri di flessibilità” e ribadendo che le “linee guida e le finalità ” sono quelle (lettera a)) di “potenziamento dell’autonomia delle istituzioni scolastiche”;

uno dei principali campi di applicazione dell’autonomia è quello organizzativo ed amministrativo attraverso l’uso di software gestionali per gli uffici amministrativi e in tutti questi decenni, prima e dopo l’autonomia, le scuole italiane sono riuscite ad automatizzarsi solo grazie ad un libero mercato che ha prodotto software d’avanguardia con grande facilità d’uso a costi estremamente ridotti, pienamente conforme alla normativa delle varie aree (contabilità, personale, didattica, patrimonio, eccetera) e tenuto permanentemente aggiornato;

negli anni migliaia di operatori delle ex segreterie scolastiche si sono formate, aggiornati e sono stati in grado di rispettare procedure e scadenze normative solo grazie a questo libero mercato. Le pagelle scolastiche elettroniche e la scuola “aperta” con l’interazione via web tra scuola, studenti e famiglie è patrimonio da anni della scuola italiana e questo grazie alle imprese private operanti nel settore;

è bene ricordare che per oltre 20 anni e fino al 1996 il Ministero della pubblica istruzione ebbe una convenzione con la società Italsiel, poi diventata Finsiel, che otteneva, di anno in anno con “trattativa privata”, il rinnovo a suon di miliardi. L’ultima commessa fu di quasi 1.000 miliardi di lire e prevedeva la realizzazione di un set di programmi per l’automazione e la fornitura dei programmi stessi, in un primo momento alle 824 scuole di Roma e, in un secondo tempo, a tutte le scuole d’Italia. Quei programmi non funzionarono mai;

già allora le imprese private, fornitrici di software, consulenza e servizi per le scuole, avevano dimostrato, conti alla mano, che la fornitura di tutti i loro programmi, funzionali agli scopi ed apprezzati dagli operatori scolastici, forniti a tutte le scuole italiane, sarebbero costati il 2 per cento di quanto costò solo l’ultima tranche di quell’operazione fallimentare del Ministero. Nel 1998 quindi in pieno riconoscimento e regolamentazione normativa dell’autonomia scolastica venne aggiudicata all’Eds l’appalto per l’informatizzazione della scuola, di una nuova rete di gestione di tutte le attività principali del Ministero per un importo di 639 miliardi e 950 milioni di lire a cui seguirono altri rinnovi, allo stesso gestore: il primo nel 2003 di altri 200 milioni di euro ed altri a seguire. Nel 2011 si è fatta un’ulteriore gara composta da due lotti, di cui uno di 147.108.000 euro per servizi di gestione e sviluppo software è stato aggiudicato alla HP, che nel frattempo ha assorbito la EDS, e un altro lotto di 89.165.000 euro aggiudicato ad IBM;

in tutti questi anni il libero mercato ha continuato ad assistere e fornire software alla stragrande maggioranza delle scuole italiane con un costo massimo annuo di 8 milioni di euro per circa 7.000 scuole e malgrado ciò in tutti questi anni, incurante dell’autonomia scolastica, periodicamente il Ministero ha tentato, operando in maniera difforme alla normativa vigente, di centralizzare il software;

è stata la qualità dei software sviluppati dalle imprese private ad assicurare la fidelizzazione da parte delle scuole, che non hanno mai voluto rinunciare ad avere un altissimo grado di informatizzazione a costi irrisori e nemmeno lontanamente paragonabili alle somme spese dal Ministero con i diversi gestori. Nel settore scuola le imprese private hanno potuto creare, con la loro professionalità e competenza, un indotto che ha prodotto servizi eccellenti a tutte le scuole e buona e sana occupazione;

considerato inoltre che:

da diversi mesi si sta esponenzialmente accrescendo il processo di centralizzazione, da parte del Ministero dell’istruzione, e di imposizione di fatto di software per applicazioni di cui le scuole sono già ampiamente e con soddisfazione dotate e in larghissima parte acquistati ed aggiornati attraverso il libero mercato;

il Ministero sta così destinando risorse economiche per duplicare servizi e prodotti di cui le scuole già fruiscono con soddisfazione, incurante della normativa sull’autonomia scolastica: a giudizio degli interroganti, strade fallimentari e dispendiose già percorse in 40 anni dallo stesso Ministero,

si chiede di sapere:

quali siano le motivazioni alla base di una palese contraddizione del Ministero nel poter coniugare, da un lato, il rispetto della normativa vigente in materia di autonomia scolastica, e, dall’altro, il comportamento degli organi centrali che impongono di fatto alle scuole software applicativi sostitutivi di quelli già in uso nelle segreterie scolastiche, provenienti dal libero mercato, perfettamente funzionanti e soddisfacenti, oltre che tecnologicamente più avanzati;

se non si ritenga di produrre un enorme danno erariale, rendendo praticamente nulle e inutili le risorse economiche investite in questi anni dalle scuole per l’acquisto di software e servizi che ora il Ministero, spendendo altre risorse economiche, intende, con un’imposizione di fatto, duplicare;

quali siano le linee guida del Ministero, per conseguire le finalità di “consolidare, sviluppare e potenziare l’autonomia delle Istituzioni scolastiche”, come espressamente sancito all’art. 50 del decreto-legge 9 febbraio 2012, n. 5;

se si ritenga che la massiccia operazione in atto di centralizzazione dei software sia da considerarsi semplificatrice o vada, viceversa, nella direzione di fare indietreggiare l’Italia e il Ministero a processi di informatizzazione, già accennati in precedenza, che hanno contribuito a fare aumentare il debito pubblico e a complicare, non certo semplificare, il lavoro degli operatori scolastici;

per quale motivo, per costituire “l’anagrafe nazionale degli studenti” prevista dal decreto legislativo del 15 aprile 2005, n. 76, per i soli fini previsti all’art. 1 e 2 dello stesso decreto e quindi per poter verificare che siano assicurati “il diritto all’istruzione e alla formazione”, sia stata emanata la circolare del Dipartimento per la programmazione e gestione risorse umane, finanziarie e strumentali n. 924/RU/U del 29 febbraio 2012 in cui si cita un progetto di “sincronizzazione delle basi dati locali” e si impone alle scuole uno strano procedimento. Si riporta testualmente: “le segreterie scolastiche che utilizzano gli applicativi locali, dovendo apportare variazioni sugli alunni, dovranno prima utilizzare le funzioni del sistema informativo centrale (SIDI) dell’area gestione alunni”. Si sottolinea che per “applicativi locali” si intendono i software delle aziende private e a giudizio degli interroganti si impone alle scuole un procedimento irrazionale e di lungaggine lavorativa;

nella stessa circolare, viene detto che “la sincronizzazione (…) avrà l’effetto terminale di sovrascrivere i dati che sono stati sincronizzati e impedirne definitivamente la gestione nel sistema locale”. A quanto risulta agli interroganti, i termini “effetto terminale” e “impedirne definitivamente la gestione” forniscono l’emblematica evidenza del processo in corso, da parte del Ministero, di riduzione dell’autonomia alle scuole, di ri-centralizzazione, contra legem, di attività e procedure e di eliminazione del libero mercato che ha garantito e consentito alle scuole, seguendo le linee generali emanate dal Ministero, di innovarsi e di garantire con puntualità gli adempimenti normativi, e funzionali;

quale sia la motivazione per cui, mentre nell’art. 3 del decreto legislativo 15 aprile 2005, n. 76, rubricato “Sistema nazionale delle anagrafi degli alunni” viene previsto espressamente che per il raggiungimento dei fini si provvede a: “a) definire gli standard tecnici per lo scambio dei flussi informativi; b) assicurare l’interoperabilità delle anagrafi; c) definire l’insieme delle informazioni che permettano la tracciabilità dei percorsi scolastici e formativi dei singoli studenti”, nei fatti il Ministero assume invece comportamenti contrari, come con la circolare n. 924/RU/U del 29 febbraio 2012 citata, opposti al percorso – proceduralmente chiaro e rispettoso dell’autonomia degli istituti scolastici – dettato nella norma stessa costitutiva dell’anagrafe;

se non si ritenga che il Ministero abbia commesso un abuso nella circolare prot. n. 9357 del 23 dicembre 2011, in cui si fa riferimento al rilascio di un’applicazione di rinnovo degli inventari, tra l’altro già in possesso di migliaia di scuole, nel dare un chiaro messaggio alle istituzioni scolastiche di sostituzione e di annullamento della loro autonomia e del libero mercato. Se ben si comprende l’obbligatorietà della tenuta delle scritture contabili e del rinnovo inventariale in quanto consueti adempimenti normativi non si comprende l’imposizione di fatto e l’obbligatorietà dello strumento software per la gestione di beni che, tra l’altro, non sembra superfluo ricordare che non appartengono stricto iure allo Stato e non concorrono alla formazione del conto generale del patrimonio dello Stato, di cui all’art. 36 della legge 31 dicembre 2009, n. 196. Il tutto in un quadro normativo che, come espressamente detto nelle istruzioni per il rinnovo degli inventari dei beni appartenenti alle Istituzioni scolastiche statali a seguito “dell’acquisizione della personalità giuridica e dell’autonomia amministrativa – in virtù dell’art. 21 della legge 15 marzo 1997, n. 59, e dell’articolo 2 del decreto del Presidente della Repubblica 18 giugno 1998, n. 233, alle istituzioni scolastiche statali è stata riconosciuta la capacità di essere titolari di diritti reali su beni immobili e mobili;

quali siano le somme che il Ministero ha speso e sta spendendo per dotare le scuole di software (inventario, bilancio, conchiglia, alunni, eccetera) di cui le scuole sono già in possesso e che non rientrano, tra l’altro, tra le competenze del Ministero. Competenze che sono invece ben individuate dall’art. 15 del decreto del Presidente della Repubblica n. 275 del 1999 e che riguardano la formazione delle graduatorie permanenti, il reclutamento del personale, la mobilità esterna, le autorizzazioni e gli esoneri, il riconoscimento dei titoli di studio esteri;

se non si ritenga che la sistematica azione posta in essere dal Ministero, oltre ad essere difforme ai principi ispiratori e la vasta normativa relativa al riconoscimento della personalità giuridica e dell’autonomia degli Istituti scolastici non stia facendo precipitare le politiche ministeriali verso un passato di “processi di informatizzazione” e di accentramento di funzioni non certo “glorioso” e tanto costoso e inefficiente;

se non si ritenga che l’azione del Ministero stia proseguendo, in maniera spedita, verso l’eliminazione di un libero mercato che in questi anni ha garantito alla scuola italiana il buon andamento e la riduzione dei tempi di lavorazione con servizi efficaci, efficienti, economici, conformi alla normativa, qualitativamente e tecnologicamente avanzati e se questa azione del Ministero non sia in contrasto con l’art. 41 della Costituzione che tutela e garantisce il diritto di iniziativa economica;

se non si ritenga che l’azione del Ministero sia in palese contrasto con le norme per la tutela della concorrenza e del mercato, a cominciare dalla legge 10 ottobre 1990, n. 287, del principio dell’organizzazione concorrenziale del mercato e delle disposizioni della “costituzione integrata” prodotta dall’integrazione tra costituzione interna e diritto comunitario e della nuova formulazione dell’art. 117 introdotta con la riforma del titolo V della Costituzione che ha segnato il definitivo accoglimento del principio della concorrenza e che ha, tra l’altro, segnato un punto di svolta sostanziale e fondamentale per la tutela del libero mercato e della concorrenza con il riconoscimento costituzionale dell’Unione europea e delle fonti di diritto comunitario;

quali siano le motivazioni che impediscono al Ministero di adottare e definire protocolli, procedure e standard in grado di fare dialogare efficacemente i sistemi informativi periferici, tra di loro e con il sistema centrale del Ministero e ciò per garantire l’interoperabilità tra sistemi che oggi è ancora più semplice realizzare grazie al web. Interoperabilità tra sistemi che in ogni parte del mondo e nei maggiori settori produttivi, a cominciare dall’aeronautica e dai trasporti, ai servizi bancari e assicurativi, alla pubblica amministrazione e camere di commercio, eccetera, ha consentito la libera concorrenza, la competizione con conseguenti economie di scala e riduzione di costi, l’innovazione, la maggiore efficienza ed efficacia, lo sviluppo delle imprese, il tutto nel rispetto dell’autonomia di ogni soggetto, micro e macro, operante nello specifico mercato.

(3-02828)

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